“Vorrei concretare un desiderio che mi ha accompagnato sempre nella mia vita. Quello di scrivere per lasciare un segno di me, che non sia perituro e che non si disperda come neve al sole. Penso, talvolta, di avere avuto dal Signore un talento che non ho messo a frutto e che, anzi, ho del tutto trascurato. Oggi, mi ritrovo a quasi cinquant’anni senza avere fatto niente in questo campo, dopo i primi tentativi al liceo, il primo premio di poesia per gli studenti liceali sulla “donna” in primavera (ricordo sempre di avere vinto il premio indetto dal nostro bravo professore di italiano fra gli studenti del liceo di Mondovì: i versi non li conosco più a memoria, ma la figura della giovinetta con la ghirlanda in fiore che scende a valle mi è ancora presente nella memoria) e dopo le note di diario che curo da oltre un anno, senza continuità. Dopo il liceo, avevo incominciato un romanzo, che ho subito interrotto. Mi sembrava troppo “autobiografico” e credevo invece necessario, allora, ancorarmi ad obiettivi di respiro più ampio. Oggi mi accorgo, invece, che sono i tuoi sentimenti ed è il tuo io, che entra in ogni situazione, che la padroneggia. E’ la tua proiezione nella vita, ciò che fa assurgere a poesia la tua opera. Non so se mi sono spiegato. E’ l’uomo e solo lui, con le sue contraddizioni, che fa la storia e la rende credibile. Il mio paese, lo scorrere del fiume, la passerella in legno e ferro sul Bormida (meta continua di pellegrinaggi dei bambini per movimenti sempre più sinuosi ), gli amici, i ricordi dei tuoi genitori: ecco la mia storia, che dovrò scrivere, un giorno.” Cervinia, 29 dicembre 1977 - Giancarlo Ruffino -
Purtroppo, Papà non ha più avuto l’occasione - o, forse, il tempo - di scrivere un libro che parlasse della Sua vita. Quindi, con l’aiuto della mamma e dei miei fratelli e con la collaborazione dei miei cognati Guido e Maria Grazia e dell’Amico Franco Pellero, ho cercato di raccogliere il materiale che Papà ci ha lasciato ed ho tentato di “comporre” io il libro autobiografico che Giancarlo Ruffino avrebbe un giorno scritto. Il libro è diviso in tre parti. La prima raccoglie il diario che, fin dal 1957, Papà scriveva alla fine dell’anno, in calce al consuntivo economico della Sua attività professionale; sono brevi note che, peraltro, ci aiutano a esplorare il cammino da Lui percorso e che ci consentono di conoscere l’uomo prima ancora del politico. La seconda parte è un insieme, necessariamente disordinato e frammentario, di racconti, aneddoti, pensieri e articoli scritti da Papà. Tra essi vi sono anche brevi racconti e aneddoti riguardanti personaggi anche noti; le opinioni in essi contenuti sono certo parte del pensiero di Papà, ma devono essere intesi, tanto dal Lettore quanto dal diretto interessato, tenendo conto della forma letteraria nella quale sono state espresse: quella del diario. Il diario era per Papà una sorta di dialogo con sé stesso, quindi molto sincero, ma nello stesso tempo soggetto all’influenza dello stato animo del momento, che rende i giudizi talvolta molto generosi ed in altri casi più severi. Infine, la terza parte raccoglie alcuni brani e alcune poesie scritte in ricordo di Giancarlo Ruffino dopo la sua morte. In quest’ultima parte abbiamo l’onore di ospitare i ricordi su Papà scritti dal Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, dal Presidente del Senato della Repubblica, Nicola Mancino, dall’ex Presidente del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti, dal Senatore a vita Paolo Emilio Taviani, dal Vice Presidente della Corte Costituzionale e già Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli, dai Vice Presidenti della Camera dei Deputati Lorenzo Acquarone e Alfredo Biondi, dall’ex Ambasciatore in Italia degli Stati Uniti d’America Peter Secchia e da tanti altri personaggi più e meno noti che erano legati a Giancarlo Ruffino da una profonda amicizia.
Savona, febbraio 1999 - Francesco Ruffino -
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